martedì 20 marzo 2012

STATO DI POLIZIA

Solidarietà agli antirazzisti e ai No tav colpiti dalla repressione



 Negli ultimi vent’anni il disciplinamento dei lavoratori immigrati è stata ed è tuttora una delle grandi scommesse dei governi e dei padroni, che puntano sulla guerra tra poveri per spezzare il fronte della guerra di classe.
Nel nostro paese è stata costruita una legislazione speciale per gli immigrati, persone che, sebbene vivano in questo paese, devono sottostare a regole che ne limitano fortemente la libertà.
Chi si oppone alle politiche e alle leggi discriminatorie e oppressive nei confronti degli immigrati entra nel mirino della magistratura.
Il prossimo 13 aprile si aprirà il processo contro una quarantina di antirazzisti torinesi, tra cui tre aderenti alla FAI torinese. Un megaprocesso che la Procura torinese vuole ad ogni costo, nonostante l’impalcatura giuridica su cui si fondava non abbia retto. Nel marzo del 2010 scattarono le manette per sei antirazzisti incarcerati con l’accusa di “associazione a delinquere”. L’etichetta associativa venne apposta dai PM Padalino e Pedrotta sull’Assemblea antirazzista di Torino, che per circa un anno – dal maggio del 2008 al maggio del 2009 – fu il fulcro da cui si dipanarono numerose iniziative di informazione e lotta.
L’associazione a delinquere – secondo i PM – era finalizzata a compiere reati come la violenza privata, l’imbrattamento, il disturbo della quiete.
Manifestazioni, presidi, occupazioni simboliche, striscioni, scritte, azioni di protesta divenivano tasselli di un disegno criminoso elaborato “all’interno del movimento anarchico”.
Il reato associativo cadde e gli antirazzisti vennero scarcerati. Nonostante ciò la megainchiesta è andata avanti mettendo insieme vari episodi, non tutti riconducibili all’humus politico dell’assemblea antirazzista, all’evidente scopo di ridurre a questioni di ordine pubblico l’attività politica e sociale di quegli anni. Attività che, sia pure di minoranza, contribuirono a tenere accesi i riflettori ed a sostenere le lotte dentro i CIE, contro lo sfruttamento del lavoro migrante, contro la militarizzazione delle periferie.
La Questura torinese – sconfitta più volte nel tentativo di costruire impalcature associative intorno alle lotte sociali e, in particolare, agli anarchici – negli ultimi anni ha moltiplicato i procedimenti contro l’opposizione politica e sociale nel capoluogo subalpino.
Banali scritte sui muri, contestazioni pubbliche, manifestazioni spontanee, persino i manifesti finiscono sui tavoli della Procura che imbastisce processi su processi. La recente condanna a tre mesi a due anarchici della FAI torinese per il contenuto di un manifesto antileghista la dice lunga sulla scelta della Procura di trattare le lotte sociali in termini di ordine pubblico. Nel manifesto era scritto: “25 aprile. Resistenza. Ieri camicie nere… oggi camicie verdi / Ieri squadracce… oggi ronde / Ieri leggi razziali… oggi leggi razziste / Ieri ebrei e rom… oggi immigrati e rom / Oggi il fascismo ha il volto della Lega / Bossi, Maroni, Borghezio… / a piazzale Loreto c’è ancora tanto posto!”.
Secondo il tribunale di Torino che ha emesso la sentenza quel manifesto era una minaccia.
Questa sentenza è ben più che una minaccia alla libertà di dire, scrivere e diffondere la propria opinione.
La vicenda dei No Tav privati della libertà, per la partecipazione alla resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, nonostante le accuse siano del tutto banali, la dice lunga sulla volontà di stroncare con la repressione un movimento che non riescono a sconfiggere né con le armi della politica né con la politica delle armi.

La Procura Torinese – sotto la guida del Democratico Caselli – è uno dei tasselli di un’operazione disciplinare in grande stile che il governo bipartisan guidato da Mario Monti, sta facendo nel Piemonte occidentale.
Torino e le sue valli sono il laboratorio nel quale sperimentare le politiche di repressione e controllo sociale per gli anni a venire.
La presenza di un ampio e variegato movimento anarchico, il moltiplicarsi delle iniziative di lotta che mettono insieme resistenza e autogestione, radicalità e radicamento sono una sfida che lo Stato non può permettersi di perdere.
Il governo risponde alle lotte sociali con la militarizzazione dei territori, la Procura con carcere e processi.
Non a caso il Democratico Fassino e il leghista Cota, divisi su tutto, specie sulla spartizione delle risorse pubbliche, vanno a braccetto nel sostenere le operazioni repressive della Procura.
Non è più tempo di compromessi socialdemocratici: non ci sono le risorse e, soprattutto, c’è la chiara volontà di spezzare la resistenza degli anarchici, degli antirazzisti e dei No Tav, perché altrimenti il tappo sulla pentola a pressione rischia di saltare in tutto il paese.
Il governo prepara nuove leggi per meglio imbrigliare chi lotta e, in particolare, gli anarchici. Le proposte sul tappeto sono tante: dal fermo di polizia, all’arresto in differita, dalla ri-penalizzazione dei blocchi di strade e ferrovie sino ad un nuovo reato associativo, scritto apposta per gli anarchici. Qualcuna forse andrà in porto altre no. Ma sin da ora basta la torsione delle leggi attuali per aprire processi e spalancare le porte del carcere.

Per impedire che le lotte sociali siano ridotte a questioni di ordine pubblico, occorre che le lotte crescano e si diffondano in tutto il paese, coinvolgendo in prima persona sempre più persone, sino ad obbligare il governo e la magistratura a fare dietrofront.
Ma non solo. Serve una campagna ampia, forte, di sostegno ai compagni vittime della repressione.

La Commissione di Corrispondenza della FAI esprime la propria solidarietà ai No Tav in carcere e agli antirazzisti torinesi sotto processo per l’assemblea antirazzista.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana

sabato 17 marzo 2012

NO TAV. Una ribellione contagiosa



Dieci giorni indimenticabili. Dieci giorni che hanno dato una spinta all'opposizione sociale nel nostro paese. In questi dieci giorni la scintilla partita dalla Val Susa ha infiammato le piazze della penisola, un contagio immediato, capillare, incontenibile, che sta mettendo in difficoltà l'esecutivo guidato da Mario Monti.
Il governo, forte dell'appoggio bipartisan di buona parte dell'arco parlamentare, nei suoi primi cento giorni ha goduto di una sorta di benedizione nazionale. Destra e sinistra hanno provato a vendere l'illusione che i tecnici prestati alla politica potessero curarne i mali. Nei fatti sono stati bravi nel mostrare un'asettica capacità di fare, e in fretta, quello che Fondo Monetario, Banca Centrale Europea pretendono dai paesi dell'Unione schiacciati dalla crisi: eliminazione di ogni forma di tutela, disciplinamento forzato dei lavoratori, svendita dei beni comuni. 
La precarietà del lavoro, già sancita dalle leggi Treu e Biagi, nei piani di Monti deve divenire l'unico orizzonte possibile e desiderabile da tutti. 
La retorica contro la noia del posto fisso, della vita tutta quanta nella stessa città, dei legami con i propri cari come catena da spezzare sta accompagnando il percorso verso la demolizione del poco che resta. L'attacco alla tutela contro i licenziamenti politici, alla cassa integrazione, il lavoro interinale che esce dall'eccezione per divenire la norma sono alcuni dei tasselli del puzzle di Monti.
Nonostante la Grecia rivelasse, come uno specchio orientato nel prossimo futuro, l'inevitabile esito delle politiche del governo, le lotte sono state deboli, parcellizzate, incapaci di catalizzare il consenso popolare.
L'imponente manifestazione del 25 febbraio in Val Susa è stato il primo segnale - forte e chiaro - di un'inversione di tendenza. Nonostante una campagna mediatica martellante, nonostante le dichiarazioni del capo della polizia Manganelli, che descriveva il movimento No Tav come nido di terroristi pronti a uccidere, decine di migliaia di persone si sono riconosciute in un movimento capace di rappresentare chi vuole case, ospedali, scuole, treni per i pendolari e non è più disponibile a pagare la crisi dei padroni.
Non è più solo una questione di ambiente: oggi più che in passato è diventata la sfida di chi si batte per l'interesse generale contro l'arroganza di chi vuole imporre con la forza un'opera inutile, dannosa, costosissima. 
La partita sulla linea ad alta velocità tra Torino e Lyon è arrivata ad un punto cruciale. È in ballo un intero sistema, un sistema elaborato e oliato per anni, per garantire agli amici degli amici di destra e sinistra, un bottino sicuro e legale. 
Le linee ad alta velocità costruite nel nostro paese sono state l'ossatura del dopo tangentopoli: un sistema raffinato e semplice per dribblare tutti gli ostacoli legali. Siti di interesse strategico, leggi obiettivo, general contractor sono stati alcuni degli strumenti adottati per cementare un sistema sicuro di drenaggio di denaro pubblico a fini privatissimi. Un sistema che funziona perché va bene a tutti, per tutti c'è una fetta di torta. 
Un sistema che nessuno può permettersi di far saltare. Un sistema che il movimento contro la Torino Lyon ha reso trasparente, mostrandone i meccanismi, aprendo crepe, costruendo una resistenza popolare alla quale guardano in tanti. 
La strategia del governo è chiarissima: celare le ragioni della lotta No Tav, declinando nella categoria dell'ordine pubblico un movimento che non riescono a piegare né con le buone né con le cattive.
In risposta alla manifestazione del 25 febbraio il governo ha deciso di allargare il cantiere/fortino della Maddalena. Millecinquecento uomini in armi - la forza dello Stato nel suo volto più vero, quello della repressione violenta - sono stati dispiegati nel catino della Clarea.
Luca Abbà, un compagno da sempre in prima linea nella lotta, si arrampica su un traliccio dell'alta tensione per rallentare i lavori. Con criminale determinazione gli uomini dello Stato lo inseguono obbligandolo a salire pericolosamente vicino ai fili. Viene folgorato e cade. Resterà per tre quarti d'ora a terra in attesa di soccorsi, mentre le ruspe continuano il loro lavoro.
Manganelli aveva dichiarato che gli anarchici cercavano il morto, per un pelo gli uomini di Manganelli non hanno ucciso Luca, anarchico e No Tav.
La risposta in Val Susa e in tutta Italia è stata forte, immediata, corale.
Per un'intera settimana ci sono state manifestazioni, blocchi di strade ed autostrade, cortei spontanei. La bandiera con il treno crociato è divenuta la bandiera di un paese che resiste, alza la testa, vuole cambiare radicalmente la rotta. I partiti dell'esile opposizione istituzionale di sinistra, che si illudevano di cavalcare la protesta, trasformandola in voti e poltrone, sono rimasti ai margini di una lotta agita in prima persona da gente che non vuole più affidare ad altri il proprio futuro.
Gente disponibile a rischiare la vita e la libertà, gente che ha ben compreso che solo l'azione diretta, senza deleghe e senza tutele, può inceppare il meccanismo.
Il governo ha risposto con violenza e arroganza. Le truppe di Cancellieri hanno spaccato braccia e gambe, hanno gasato e caricato, si sono scatenate nel rastrellare la gente nelle case e nei bar.
Dopo una settimana di blocchi in Val Susa e ovunque in Italia, il governo ha deciso di andare avanti. Costi quel che costi. La litania è quella consueta: il collegamento con l'Europa, la piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, il treno che in quattro ore ti conduce a Parigi, il Tav che porta lavoro, i manifestanti sempre violenti. Il primo ministro rivendica la propria autonomia dai governi precedenti, ma si limita a fare quello che gli altri non erano riusciti a realizzare fino in fondo: gli interessi dei padroni e dei banchieri.
L'idea di sviluppo di Monti si basa sulla distruzione delle risorse e sulla devastazione dei territori: l'unica cosa che conta è far girare le merci, far girare i soldi, fare grandi opere utili solo alla lobby che sostiene e finanzia un'intera classe politica.
Dalla Val Susa viene un segnale forte e chiaro: noi non ci stiamo. Non ci stiamo più: il mondo che vogliamo per i nostri figli è fatto di solidarietà, di cooperazione, di uguaglianza.
Il governo ha paura, ha paura dell'infezione valsusina, ha paura che l'anomalia No Tav divenga una mutazione genetica durevole e diffusa. Per questo occorre disciplinare, costi quel che costi, chi oggi parla con la voce di tutti coloro che, nel nostro paese, si battono contro un'idea di sviluppo che mira al profitto di pochi contro la vita e la libertà di tutti.
Un movimento radicato e insieme radicale, capace di autogovernarsi, resistere, mantenendo salda negli anni la propria sfida.
Monti e Cancellieri puntano il dito sugli anarchici, preparano nuove misure repressive. Si torna a parlare di fermo di polizia, di arresti in differita, dell'inasprimento delle pene per reati come l'insulto a pubblico ufficiale, i blocchi di strade e ferrovie, sino ad un nuovo tipo di associazione illegale che consenta di imprigionare gli anarchici.
Quello che Monti e il suo governo non capiscono è che gli anarchici sono parte riconosciuta del movimento No Tav da lunghi anni, che i tentativi di dividere e spaccare non hanno mai funzionato, perché chi lotta e si confronta in modo diretto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ha costruito saldi rapporti di fiducia e mutuo appoggio.
Quello che Monti non comprende - o forse lo comprende sin troppo bene - è che gli anarchici sono una minoranza, ma le idee di libertà, partecipazione, uguaglianza, sperimentazione sociale, la pratica dell'azione diretta, della cooperazione, dell'autogestione si stanno diffondendo tra i tanti che hanno compreso che questo non è il migliore dei mondi possibili.
La commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana esprime la propria solidarietà a Luca e ai suoi cari, auspicando che possa presto tornare alla lotta.
Esprime la propria solidarietà ed il proprio appoggio ai compagni e alle compagne arrestate per la resistenza No Tav, che, anche in carcere, continuano a lottare per la libertà e sono puniti con l'isolamento.
Si stringe a Tobia, rinchiuso tra le mura di casa con il divieto di scrivere lettere e fare telefonate, Tobia che non accetta che gli tappino la bocca ed è in sciopero della fame.
Sarà sempre più dura. Per chi sfrutta ed opprime, per chi pesta e umilia. Tra blocchi e barricate cresce la voglia di resistere, di cambiare di senso al presente, di consegnare un altro futuro a chi verrà dopo di noi.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org
tel. 3333275690

venerdì 16 marzo 2012

PER NON DIMENTICARE





16.03.2003 - Rachel Corrie viene uccisa a 23 anni, schiacciata da un bulldozer dell'esercito israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza, mentre tentava con altri militanti di impedire la demolizione di case palestinesi.

APPELLO ANARCHICO NON VOTARE, LOTTA!




CAMPAGNA PER L’ASTENSIONE AL VOTO.
 Di Fabio Malandra


La campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative è iniziata da tempo, precisamente dal 24 giugno 2011, all’alba degli arresti di esponenti politici, amministratori e del capo dei vigili urbani di Parma.
Oggi assistiamo al carosello di dichiarazioni, le solite false promesse, buone solo ad illudere i cittadini, per poi calare le braghe nei confronti dei soliti poteri forti presenti, come condor della morte, sia in Parma e provincia, sia a livello nazionale ed internazionale.
Tutti hanno già dimenticato le nefandezze venute alla luce l’estate scorsa; ecco quindi la scesa in campo degli esponenti della cupola del potere, personaggi ben noti, soprattutto esponenti di spicco di confindustria, del mondo bancario-finanziaro, assicurativo ed ecclesiastico.
Bernazzoli, capo indiscusso del PD e del PD(CI ), con i suoi inceneritori, che, arrivato quasi alla fine del secondo mandato come capo della Provincia di Parma, si candida ipotecando un secondo decennio sulla sedia dello sfruttatore di massa, non dimenticando la dipartita della manifestazione della FIOM per la presenza dei NO-TAV.
Ubaldi, padre delle disgrazie della nostra città, si mette in corsa per ridare forza alla metropolitana ed altre cementificazioni del territorio, per far intascare quattrini agli amici costruttori o, come va di moda chiamarle, partecipate.
Buzzi, esponente del PDL, in pratica la destra libertina e del bunga bunga, quella che ha ridotto l’Italia alla fame e allo sfruttamento della massa lavoratrice, insieme alla Lega Nord razziata xenofoba ed omofobica, ora all’opposizione a livello nazionale, con ripercussioni a livello locale, quella dei presunti soldi rubati in Regione Lombardia, ma che sicuramente ha contribuiti, assieme al PDL, alla Caporetto dell’Italia.
Il movimento spontaneo che ha lottato l’estate scorsa sotto i portici del grano si è arresa al miraggio della sedia che conta, alleatasi con PRC, tenta la scalata al potere.
M5S, l’ameba destrista camuffata da social democrazia, a suon di risate del Suo buffone di corte aspira al ballottaggio per il potere.
FLI o terzo polo, essenzialmente i catto-fascisti del terzo millennio, anch’essi non esuli dalle disgrazie nazionali, locali e delle dichiarazioni schizofreniche di Giovannardi, quelle dei baci omosessuali uguali a pisciate di cane, o quella in cui dichiara che chi rovina il made in Italy sarebbero gli animalisti.
La democrazia, come ha dichiarato il gerarca Monti, è momentaneamente sospesa per far posto al risanamento economico. Peccato che se i ricchi non contribuiscono a questo sforzo, chi in realtà sta salvando il sistema sono i poveri, i lavoratori, sia a livello di tassazione sia di perdita del lavoro stesso.
Colpisce la dichiarazione di ieri del ministro della Cooperazione, tale Andrea Riccardi, il quale elogia la dichiarazione del presidente del consiglio, rilasciata nel 1992, e che affermava prendendo le distanze dalla concertazione sindacale “perché infliggersi l’onere di cercare un accordo con le parti sociali?”
Omettendo di dare importanza a certe dichiarazioni non riusciremo a capire cosa sta succedendo politicamente e socialmente oggi.
Nella giornata di ieri il governo ed i partiti che sostengono il regime (PD, PDL e Terzo Polo), assieme alla Foriero, hanno raggiunto un accordo sullo smantellamento del diritto al lavoro, con pesante taglio all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Pur restando, evviva Dio, fermo il passaggio sul divieto di licenziamento per motivi discriminatori o per assenza di motivo, in ogni modo nessun accenno al non licenziamento per le donne in gravidanza, vi sarà un indennizzo, o pacca sulle spalle, ai licenziati per motivi economici, solo in forma collettiva (minimo quattro), anche se non si capisce come un’azienda in difficoltà economica possa dare un indennizzo a chi perde il lavoro. In ultima istanza, per marcare il fatto che in Europa comanda la Germania, per i licenziamenti disciplinari sarà il giudice a decidere il futuro del lavoratore, con procedure accelerate, immettendo una graduatoria in base all’anzianità di servizio.
Sempre su modello tedesco i casi individuali sono sotto la “cura” sindacale, in un tempo massimo di 24 mesi e tenendo presente che CGIL-CISL e UIL sono filo governativi, non più creduti dai lavoratori stessi.
In compenso oggi, 16 marzo 2012, arriva la stangata del fisco sulle imprese, una botta da 14,6 miliardi di euro tra IRPEF e tassa sui libri sociali. Chi, però, in realtà pagherà saranno i dipendenti con un aggravio sull’addizionale irpef da 129 a 177 euro in busta paga.
Non dimentichiamo l’IMU sulla prima casa.
Da uno studio di confartigianato di Mestre (VE) si evince citando: “l'Imu, a partire dal 2012, gravera' sulle prime case, assorbira' l'Ici e l'Irpef sui redditi fondiari delle seconde case e sostituira' l'Ici sugli immobili strumentali (vale a dire i negozi commerciali, i laboratori artigianali, gli uffici e i capannoni industriali). L'ufficio studi della Cgia ha ipotizzato che nel 2012 l'aliquota Imu - applicata agli uffici, ai negozi commerciali o ai capannoni produttivi presenti su tutto il territorio nazionale - sara' del 7,6 per mille (cosi come previsto dal decreto sul federalismo fiscale). Per l'Ici, invece, si e' deciso di far ricorso all'aliquota media nazionale applicata dai Comuni nel 2009: ovvero il 6,4 per mille. Inoltre, si e' tenuto conto anche della rivalutazione dei coefficienti moltiplicatori che verranno applicati alle rendite catastali che, per effetto del decreto "salva-Italia", sono passati da 34 a 55 per i negozi e le botteghe, da 50 a 80 per gli uffici e gli studi privati, da 100 a 160 per i laboratori artigianali e da 50 a 60 per i capannoni industriali e gli alberghi”.
Una dichiarazione di della commissione Europea a livello economico afferma che l’Italia ha la pressione fiscale più alta, ammonta al 45% della pressione fiscale in eurozona , affermando anche che non esistono spazi per i tagli delle imposte, quindi impossibile alleggerire il carico, pena il defoult. L’Italia nel contesto del G20 ha la peggior crescita del PIL, in calo dello 0,7% e ci impone “mai più cordoni che incoraggiano l’evasione fiscale”.
Dopo tutte queste considerazioni, diastro causato da 60 anni di mal governo e pessima gestione della cosa pubblica, non possiamo pensare che Parma possa sottrarsi alla stretta fiscale imposta da un sistema capitalistico schiavizzante, al collasso.
Non bisogna credere alle dichiarazioni dei candidati su un futuro benessere, dobbiamo aspettarci un lungo periodo di fame, fatica e frustate.
C’è un’alternativa che può essere alternativa alla fogna politica: l’auto-organizzazione.
Costituire comitati di persone, cittadini, che protestino, proprio come la scorsa estate, per far valere le proprie idee ed influenzare le decisioni per il nostro futuro.
Questa è la vera alternativa rivoluzionaria di ispirazione libertaria, un’insieme di collettivi popolari, per esempio divisi secondo i quartieri della nostra città, capaci di far emergere i problemi reali, un collettivo popolare che accolga tutte le richieste derivanti dalla periferia e che vada a sottoporla alla giunta, presidiando fino all’approvazione delle suddette.
NON VOTARE non significa fregarsene, ma impegnarsi e lottare al di fuori del losco gioco del potere, in una collettività che è la nostra città.

Festa antifascista 20 ottobre 2018 via Testi 2 ore 18.30

Non è solo una grande festa antifascista, è una chiamata a tutte le forze antifasciste, quelle che si unirono attorno al più alto significa...