19 ottobre 1944 – Palermo: “La strage del pane”, 24 i morti.Il 1944 è un anno terribile per Italia, al Nord martoriata dai rastrellamenti nazisti, al Sud ferita dai recenti bombardamenti e senza pane, senza vestiti, con pochi mezzi di prima necessità.
Nel settentrione si compiono i gravi eccidi nazisti (il 12 agosto Sant’Anna di Stazzema), nel meridione avvengono stragi di inermi cittadini per “fuoco amico”.
A Palermo oggi sono pochi quelli che ricordano gli eventi del 19 ottobre del ’44, una luttuosa giornata sulla quale non esistono pubblicazioni ufficiali, testimonianze, fotografie, testi.
È merito dell’Amm.ne Provinciale averne ricordato almeno i nomi delle vittime con una lapide apposta cinquant’anni dopo, il 19 ottobre 1994, nell’atrio di Palazzo Comitini, all’epoca della strage sede della Prefettura e dell’Alto Commissario per la Sicilia.
Comincia la mattina del 19 ottobre, giovedì: gli uffici comunali rimangono deserti, per l’astensione dal lavoro dei dipendenti.
Neppure i postelegrafonici e i ferrovieri si recano al lavoro.
È sciopero contro il carovita, come in tante altre parti del paese, è la rabbia di chi soffre gli stenti della ripresa, mentre i “baroni” ed i padroni del “mercato nero” mantengono i privilegi ed aumentano le loro ricchezze.
Nel settentrione si compiono i gravi eccidi nazisti (il 12 agosto Sant’Anna di Stazzema), nel meridione avvengono stragi di inermi cittadini per “fuoco amico”.
A Palermo oggi sono pochi quelli che ricordano gli eventi del 19 ottobre del ’44, una luttuosa giornata sulla quale non esistono pubblicazioni ufficiali, testimonianze, fotografie, testi.
È merito dell’Amm.ne Provinciale averne ricordato almeno i nomi delle vittime con una lapide apposta cinquant’anni dopo, il 19 ottobre 1994, nell’atrio di Palazzo Comitini, all’epoca della strage sede della Prefettura e dell’Alto Commissario per la Sicilia.
Comincia la mattina del 19 ottobre, giovedì: gli uffici comunali rimangono deserti, per l’astensione dal lavoro dei dipendenti.
Neppure i postelegrafonici e i ferrovieri si recano al lavoro.
È sciopero contro il carovita, come in tante altre parti del paese, è la rabbia di chi soffre gli stenti della ripresa, mentre i “baroni” ed i padroni del “mercato nero” mantengono i privilegi ed aumentano le loro ricchezze.
Gli scioperanti chiedono salari adeguati, ma soprattutto pane e pasta, da mangiare per tutti, e si uniscono i disoccupati, i muratori, i giovani e si fa il corteo al grido di “Pane! Pane!”, un corteo sempre più lungo, che a mezzogiorno parte dalla storica Piazza Pretoria, chiamata da sempre “Piazza della Vergogna” per la nudità delle statue che adornano la monumentale fontana al centro della piazza e che oggi farà onore al suo nome.
Scende, il corteo, la breve scalinata che immette sulla via fatta costruire a fine ‘500 dal vicerè, duca di Maqueda, per ospitarvi i palazzi della nobiltà, e si dirige, snodandosi nello splendore barocco che scontra la miseria delle plebi affamate, verso il nobile edificio di Palazzo Comitini, opera del celebre Nicolò Palma commissionata da Michele Gravina, “primo principe” dello splendido borgo di Comitini.
Lì, nello storico Palazzo ha sede la Prefettura, presidiata da una trentina fra poliziotti e carabinieri, ma il Prefetto non c’è e nemmeno l’Alto Commissari, così i manifestanti che chiedevano di essere ricevuti in delegazione dalle autorità cominciano a scalpitare suscitando i timori del vice-prefetto Giuseppe Pampillonia che invoca l’intervento dell’esercito ed ottiene l’invio di 50 soldati del 139° fanteria “Sabaudia” guidati dal sottotenente Calogero Lo Sardo.
I militari sono accolti con lancio di sassi e rispondono con lancio di bombe a mano e spari ad altezza d’uomo provocando 24 morti e 158 feriti, molti assai gravi, tanto che qualcuno ipotizza che le vittime potrebbero essere di più con decesso, per le conseguenze, dopo vari giorni, ipotesi che non si può escludere a causa del silenzio calato sugli eventi dallo stesso Governo che chiude affrettatamente il caso dandone una versione chiaramente falsa (si parla di “elementi estranei” che è provato non ci sono, “colpi di arma da fuoco”, ma gli unici bossoli rinvenuti appartengono all’esercito, “sedici morti”, ma se ne contano 24 subito), versione dalle quale tuttavia nessuno dei partiti antifascisti prende le distanze.
Il 24 febbraio del ’47 ventuno imputati vanno a processo, riconosciuti colpevoli quanto meno di “eccesso colposo nell’uso legittimo ( ! ) delle armi” e tuttavia nessuno va in galera “per sopraggiunta amnistia”.
Nel 2005 lo storico Lino Buscemi , venuto a conoscenza che il console americano a Palermo, Alfred Nester, aveva inviato il 23 ottobre un rapporto sui fatti al Segretario di Stato USA, chiede agli americani di “aprire i cassetti” per dar più luce a eventi di questo tipo ancora avvolti da mistero.
Ancora non ottiene risposta, ma è passato tanto tempo……..Noi vogliamo ricordare i nomi:
Giuseppe Balistreri, 16 anni – Vincenzo Cacciatore, 38 anni – Domenico Cordone, 16 anni – Rosario Corsaro, 30 anni – Michele Damiano, 12 anni – Natale D’Atria, 28 anni – Andrea di Gregorio, 16 anni – Giuseppe Ferrante, 12 anni – Vincenzo Galatà, 19 anni – Carmelo Gandolfo, 25 anni – Francesco Gannotta, 22 anni – Salvatore Grifati, 9 anni – Eugenio Lanzarone, 20 anni – Gioacchino La Spia, 17 anni – Rosario Lo verde, 17 anni – Giuseppe maligno, 22 anni – Erasmo Midolo, 19 anni – Andrea Oliveri, 16 anni – Salvatore Orlando, 17 anni – Cristina Parrinello,61 anni – Anna Pecoraro, 37 anni – Vincenzo Puccio, 22 anni – Giacomo Venturelli, 70 anni – Aldo Volpes, 23 anni.
Per non dimenticare.
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