Francesco Saverio Merlino nasce Napoli il 15 settembre 1856. Proprio nel capoluogo campano si laurea in giurisprudenza, quando era già, sin dal 1875, un conosciuto e rispettato militante anarchico.
Per almeno vent'anni Merlino porta avanti parallelamente l'organizzazione rivoluzionaria e l'attività letteraria che gli ha permesso la stesura di importantissime opere a carattere teorico.
Nel 1878, si svolge il processo a carico della Banda del Matese (movimento insurrezionale organizzato da un gruppo di anarchici, tra cui Malatesta). Come avvocato degli anarchici Merlino ottiene l'assoluzione degli imputati.
Dal 1884 è costretto all’esilio in Gran Bretagna, da dove poi frequentemente si sposta in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Il 28 giugno 1885è a Parigi per tentare di coordinare i gruppi anarchici italiani e francesi. In questo periodo preconizza l' entrata degli anarchici nelle organizzazioni operaie, opponendosi all’individualismo e agli antiorganizzatori.
All'inizio del gennaio 1891 partecipa al congresso di Capolago, in vista della possibile costituzione di un Partito Anarchico. L’anno successivo fa una tournée di conferenze negli Stati Uniti e fonda due giornali, «Il Grido degli Oppressi» e «Solidarity», prima di rientrare clandestinamente in Italia. Nel 1894 è arrestato a Napoli e condannato a due anni di detenzione per una vecchia pendenza giudiziaria.
All'uscita dal carcere sviluppa una polemica con Malatesta che lo porta ad una sorta di revisione ideologica dell’anarchismo (per esempio sulla questione dell’astensionismo), elaborando una concezione originale del socialismo libertario. Dal 21 al 28 aprile 1898, ad Ancona, è a fianco degli avvocati Pietro Gori ed Enrico Ferri per assumere le difese degli anarchici incolpati delle rivolte di gennaio contro l’aumento del pane (tra cui ancora Malatesta). Dirige, sino al 1899, l’importante «Rivista Critica del Socialismo».
Precursore dei critici del marxismo, fu apprezzato da Eduard Bernstein in Germania e Gorge Sorel in Francia, attirandosi per contro le dure critiche di marxisti ortodossi come Antonio Labriola e Leonida Bissolati. Alla fine del 1899 si iscrive al PSI, rimanendo però alquanto isolato all’interno del partito.
Nel 1900, dopo il regicidio di Monza, assume con coraggio la difesa di Gaetano Bresci, salvandolo dalla condanna a morte. Difende anche i compagni anarchici perseguitati per aver occupato le fabbriche di Torino, quelli del processo Diana di Milano ecc.
Dopo il 1907 decide di ritirarsi a vita privata, dedicandosi alla sua professione di avvocato e considerando l'esperienza dell'anarchismo italiano oramai finita, in quanto assorbita dal socialismo. Nel primo dopoguerra, tuttavia, si riavvicina all'anarchismo, riconoscendo agli anarchici il loro antagonismo tanto al fascismo quanto al bolscevismo, scrivendo numerosi articoli per la stampa anarchica.