la federazione anarchica sudsalento organizza una
tre giorni di discussione. 26-27-28 Agosto 2011.
Acquarica del capo localita "paiarone"
tre giorni di discussione. 26-27-28 Agosto 2011.
Acquarica del capo localita "paiarone"
Questo vuole essere solo l’inizio di una discussione itinerante. Una serie di incontri dovrebbe essere il modo di approfondire queste tematiche che sono già in tanti ad avvertirle; un’officina che permetta la realizzazione del nostro pensiero e la messa in azione delle nostre forze.
Ogni giorno di più si avverte la necessità di proporre un’ alternativa alla concezione e gestione attuale della società, la peculiarità del momento storico è che questa necessità si avverte anche al di fuori del movimento anarchico; una sempre maggiore fetta di umanità esige un modo differente di condurre la propria vita. Le brutture e le sconcezze alle quali la società attuale ci obbliga sono state studiate in lungo e in largo, ciò che necessita di CONCRETIZZAZIONE è lo sviluppo del nostro pensiero di relazione tra l’uomo e ciò che lo circonda.
E’anche alquanto tragicomico notare come ciò che Malatesta scrisse un centinaio di anni fa sia tremendamente attuale e come le tematiche da superare siano le stesse; la confusione sul termine anarchia, l’organizzazione all’interno del movimento, la propaganda e la pratica rivoluzionaria, l’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico.
La confusione dei termini
Nell’ultimo mezzo secolo, il nostro lassismo nell’intraprendere strade reali e non onanistiche che conducano all’anarchia ha contribuito a creare confusione nel termine anarchia tanto che ne è sopravvissuto solo il significato etimologico di assenza di regole, di ribellione all’ordine costituito. Tutto il bagaglio creativo intrinseco all’interno dell’esperienza anarchica, tutta la sua storicità, tutto il suo valore politico e sociale è rimasto negli scaffali di archivi e delle librerie, nella memoria di pochi militanti, in esperienze estremamente circoscritte di vita comunarda.
La propaganda e la pratica rivoluzionaria
Malatesta ha affrontato la questione della propaganda al meglio, quindi il suo scritto esprime in concetto di pratica e propaganda.
Tratto da “rivoluzione e lotta quotidiana”;
… Dunque per noi anarchici, o almeno (giacché infine le parole sono convenzionali) per coloro fra gli anarchici che la pensano come noi, ogni atto di propaganda o di realizzazione con la parola o coi fatti, individuale o collettivo, è buono quando serve ad avvicinare e facilitare la rivoluzione, quando assicura ad essa il concorso cosciente delle masse e le dà quel carattere di liberazione universale, senza di cui potrebbe bensì aversi una rivoluzione, ma non quella rivoluzione che noi desideriamo …
.
… Noi dobbiamo mescolarci più ch’è possibile alla vita popolare: incoraggiare e spingere tutti i movimenti che contengono un germe di rivolta materiale o morale e abituano il popolo a fare i suoi interessi da sè e a non fidare che nelle proprie forze; ma senza perdere mai di vista che la rivoluzione per l’espropriazione e la messa in comune della proprietà e la demolizione del potere sono la sola salute del proletariato e dell’umanità e che per conseguenza ogni cosa è buona o cattiva a seconda che essa avvicini o allontani, faciliti o renda più difficile tale rivoluzione …
l’organizzazione all’interno del movimento
...
Confessiamolo subito: gli anarchici non si sono mostrati all’altezza della situazione.
Se si toglie il moto di Carrara che ha dato prova sì del loro coraggio e della loro devozione alla causa, ma anche dell’insufficienza della loro organizzazione, appena si sarebbe parlato degli anarchici in tanto commuoversi di popolo in Sicilia ed in altre parti d’Italia.
Dopo aver tanto gridato di rivoluzione, la rivoluzione arriva, e noi siamo stati disorientati e siam restati presso che inerti …
Può essere doloroso il confessarlo, ma il tacerlo e nasconderlo sarebbe tradire la causa, e continuare negli errori che ci han condotti a questo punto.
È tempo di ravvederci!
La causa principale, secondo noi, di questa nostra decadenza è l’isolamento in cui quasi dappertutto siamo caduti.
Per un complesso di cause, che ora sarebbe troppo lungo esaminare, gli anarchici, dopo la dissoluzione dell’Internazionale, perdettero il contatto delle masse e si andavano man mano riducendo in piccoli gruppi, occupati solo a discutere eternamente e, purtroppo a dilaniarsi tra loro, o tutt’al più a fare un po’ di guerra ai socialisti legalitari.
Contro questo stato di cose si è tentato più volte di reagire con più o meno successo. Ma quando si credeva di poter infine ricominciare un lavoro serio ed a larga base, ecco che venner fuori alcuni compagni i quali, per una malintesa intransigenza, elevarono l’isolamento a principio, e secondati dall’indolenza e dalla timidezza di tanti, che trovavano in quella “teoria” una comoda scusa per non far nulla e non correre nessun rischio, riuscirono a ricacciarci nell’impotenza.
L’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico
La presenza nelle lotte, come abbiamo visto sopra, ci consente di spingerla e radicalizzarle verso le posizioni più vicine al pensiero anarchico. Tuttavia questo non è sufficiente per diversi motivi.
E’ già accaduto che dopo aver tanto parlato di anarchia non si è stati in grado di cogliere il momento della sua attuazione per la disorganizzazione del movimento, ed oggi con l’estrema frantumazione del medesimo, cogliere l’attimo sarebbe impensabile. (Riflettendoci sopra ci si accorge che il luogo dove ciò potrebbe accadere non potrebbe essere altro se non dove una realtà anarchica sia già radicata) Altra motivazione è la consapevolezza che con i moderni mezzi di lotta armata risulta assai difficoltoso immaginare uno stato rivoluzionario che non comporti enormi perdite di vite umane con conseguente abbruttimento delle relazioni tra uomo e ambiente. Inoltre, perché aspettare; o meglio, cosa aspettare. Come si può meglio rivendicare una maniera di vivere se non attuandola; affermare il nostro diritto di stabilire relazioni differenti (da quelle del profitto) con l’ambiente che ci circonda uomini compresi.
Ogni giorno di più si avverte la necessità di proporre un’ alternativa alla concezione e gestione attuale della società, la peculiarità del momento storico è che questa necessità si avverte anche al di fuori del movimento anarchico; una sempre maggiore fetta di umanità esige un modo differente di condurre la propria vita. Le brutture e le sconcezze alle quali la società attuale ci obbliga sono state studiate in lungo e in largo, ciò che necessita di CONCRETIZZAZIONE è lo sviluppo del nostro pensiero di relazione tra l’uomo e ciò che lo circonda.
E’anche alquanto tragicomico notare come ciò che Malatesta scrisse un centinaio di anni fa sia tremendamente attuale e come le tematiche da superare siano le stesse; la confusione sul termine anarchia, l’organizzazione all’interno del movimento, la propaganda e la pratica rivoluzionaria, l’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico.
La confusione dei termini
Nell’ultimo mezzo secolo, il nostro lassismo nell’intraprendere strade reali e non onanistiche che conducano all’anarchia ha contribuito a creare confusione nel termine anarchia tanto che ne è sopravvissuto solo il significato etimologico di assenza di regole, di ribellione all’ordine costituito. Tutto il bagaglio creativo intrinseco all’interno dell’esperienza anarchica, tutta la sua storicità, tutto il suo valore politico e sociale è rimasto negli scaffali di archivi e delle librerie, nella memoria di pochi militanti, in esperienze estremamente circoscritte di vita comunarda.
La propaganda e la pratica rivoluzionaria
Malatesta ha affrontato la questione della propaganda al meglio, quindi il suo scritto esprime in concetto di pratica e propaganda.
Tratto da “rivoluzione e lotta quotidiana”;
… Dunque per noi anarchici, o almeno (giacché infine le parole sono convenzionali) per coloro fra gli anarchici che la pensano come noi, ogni atto di propaganda o di realizzazione con la parola o coi fatti, individuale o collettivo, è buono quando serve ad avvicinare e facilitare la rivoluzione, quando assicura ad essa il concorso cosciente delle masse e le dà quel carattere di liberazione universale, senza di cui potrebbe bensì aversi una rivoluzione, ma non quella rivoluzione che noi desideriamo …
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… Noi dobbiamo mescolarci più ch’è possibile alla vita popolare: incoraggiare e spingere tutti i movimenti che contengono un germe di rivolta materiale o morale e abituano il popolo a fare i suoi interessi da sè e a non fidare che nelle proprie forze; ma senza perdere mai di vista che la rivoluzione per l’espropriazione e la messa in comune della proprietà e la demolizione del potere sono la sola salute del proletariato e dell’umanità e che per conseguenza ogni cosa è buona o cattiva a seconda che essa avvicini o allontani, faciliti o renda più difficile tale rivoluzione …
l’organizzazione all’interno del movimento
...
Confessiamolo subito: gli anarchici non si sono mostrati all’altezza della situazione.
Se si toglie il moto di Carrara che ha dato prova sì del loro coraggio e della loro devozione alla causa, ma anche dell’insufficienza della loro organizzazione, appena si sarebbe parlato degli anarchici in tanto commuoversi di popolo in Sicilia ed in altre parti d’Italia.
Dopo aver tanto gridato di rivoluzione, la rivoluzione arriva, e noi siamo stati disorientati e siam restati presso che inerti …
Può essere doloroso il confessarlo, ma il tacerlo e nasconderlo sarebbe tradire la causa, e continuare negli errori che ci han condotti a questo punto.
È tempo di ravvederci!
La causa principale, secondo noi, di questa nostra decadenza è l’isolamento in cui quasi dappertutto siamo caduti.
Per un complesso di cause, che ora sarebbe troppo lungo esaminare, gli anarchici, dopo la dissoluzione dell’Internazionale, perdettero il contatto delle masse e si andavano man mano riducendo in piccoli gruppi, occupati solo a discutere eternamente e, purtroppo a dilaniarsi tra loro, o tutt’al più a fare un po’ di guerra ai socialisti legalitari.
Contro questo stato di cose si è tentato più volte di reagire con più o meno successo. Ma quando si credeva di poter infine ricominciare un lavoro serio ed a larga base, ecco che venner fuori alcuni compagni i quali, per una malintesa intransigenza, elevarono l’isolamento a principio, e secondati dall’indolenza e dalla timidezza di tanti, che trovavano in quella “teoria” una comoda scusa per non far nulla e non correre nessun rischio, riuscirono a ricacciarci nell’impotenza.
L’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico
La presenza nelle lotte, come abbiamo visto sopra, ci consente di spingerla e radicalizzarle verso le posizioni più vicine al pensiero anarchico. Tuttavia questo non è sufficiente per diversi motivi.
E’ già accaduto che dopo aver tanto parlato di anarchia non si è stati in grado di cogliere il momento della sua attuazione per la disorganizzazione del movimento, ed oggi con l’estrema frantumazione del medesimo, cogliere l’attimo sarebbe impensabile. (Riflettendoci sopra ci si accorge che il luogo dove ciò potrebbe accadere non potrebbe essere altro se non dove una realtà anarchica sia già radicata) Altra motivazione è la consapevolezza che con i moderni mezzi di lotta armata risulta assai difficoltoso immaginare uno stato rivoluzionario che non comporti enormi perdite di vite umane con conseguente abbruttimento delle relazioni tra uomo e ambiente. Inoltre, perché aspettare; o meglio, cosa aspettare. Come si può meglio rivendicare una maniera di vivere se non attuandola; affermare il nostro diritto di stabilire relazioni differenti (da quelle del profitto) con l’ambiente che ci circonda uomini compresi.
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