CASA ANARCHICA si prefigge di essere parte dell'espressione libertaria in Parma e Provincia, redatto dai compagni del Gruppo Anarchico Antonio Cieri.
"L’Anarchia, al pari del socialismo, ha per base, per punto di partenza, per ambiente necessario, l’eguaglianza di condizioni; ha per farlo la solidarietà; e per metodo la libertà". (Errico Malatesta)
Il tema delle ricerca medica che in questo sistema è completamente assoggettato al mercato e al capitale è spesso dibattuto nei media. C'è chi reputa tale meccanismo normale in un'economia di mercato, chi lo vorrebbe invece eticamente più giusto e chi non si fa illusioni: una scienza libera e al servizio dell'uomo è incompatibile col capitalismo.
Riportiamo l'intervista fatta al biochimico Richard J. Roberts, Premio Nobel per la medicina, apparsa su 'La Vanguardia' di ieri 25 maggio.
Nel contenuto dell'intervista troviamo crude quanto reali conferme.
Richard J. Roberts
Quale modello di ricerca ritiene più efficace, americano o europeo?
E 'ovvio che è il modello americano, dove il capitale privato ha un ruolo attivo è molto più efficiente. Prendiamo ad esempio i progressi spettacolari dell'industria informatica, dove è il denaro privato che finanzia la ricerca applicata e di base, ma riguardo l'industria della salute ... ho le mie riserve.
La ascolto.
La ricerca sulla salute umana non può dipendere solo dal suo tornaconto economico. Ciò che è buono per i dividendi aziendali non è sempre buono per le persone.
Si spieghi.
L'industria farmaceutica vuole servire i mercati dei capitali ...
Come qualsiasi altra industria.
E che non è qualsiasi altra industria : stiamo parlando della nostra salute e delle nostre vite, dei nostri figli e di milioni di esseri umani.
Ma se sono redditizie, faranno meglio ricerca.
Se pensi solo ai benefici, smetti di preoccuparti di servire gli esseri umani.
Per esempio ...
Ho visto che in alcuni casi i ricercatori dipendenti da fondi privati, potrebbero aver scoperto un farmaco molto efficace che avrebbe potuto sconfiggere completamente una malattia ...
E perché hanno fermato la ricerca?
Perché spesso le aziende farmaceutiche non sono così interessate a guarirti come lo sono per ottenere i tuoi soldi, così la ricerca, improvvisamente, viene deviata verso lo scoprimento di farmaci che non guariscono completamente, ma contrastano la malattia per farti riscontrare un miglioramento che scompare quando interrompi il trattamento del farmaco.
Si tratta di una grave accusa.
E 'normale che le aziende farmaceutiche sono più interessate in ricerche con farmaci più redditizi che non curano rispetto a quelle che potrebbero completamente curare una volta e per sempre. Basta che segui l'andamento finanziario del settore farmaceutico e puoi verificare quello che dico.
Ci sono i dividendi che uccidono.
Ecco perché diciamo che la salute non può essere un mercato non può essere intesa semplicemente come un mezzo per guadagnare denaro. E penso che il modello europeo di capitale misto pubblico e privato è meno probabile che incoraggi tali abusi.
Un esempio di tali abusi?
Le ricerche con antibiotici sono state fermate perché erano troppo efficaci e curavano completamente.
Poichè nuovi antibiotici non sono stati scoperti, i microorganismi infettivi sono diventati resistenti e oggi la tubercolosi, che nella mia infanzia era stata sconfitta, è riapparsa e ha ucciso l'anno scorso un milione di persone.
Stai parlando del Terzo Mondo?
Questo è un altro triste capitolo: si ricerca appena per le malattie del Terzo Mondo, perché i farmaci che le combattono non sono redditizi. Ma io sto parlando del nostro Primo mondo : la medicina che cura completamente non è redditizia e quindi per lei non c'è ricerca.
I politici non intervengono?
Non facciamoci illusioni: nel nostro sistema, i politici sono meri funzionari dei grandi capitali che investono il necessario affinché vengano eletti "i loro figli", e se non sono eletti, li comprano da quelli eletti.
Le grandi compagnie sono interessate solo a moltiplicare soldi. Quasi tutti i politici - e so di cosa parlo- , dipendono spudoratamente da queste multinazionali farmaceutiche che finanziano le loro campagne. Il resto sono parole ...
84 anni fa, il 23 agosto 1927, alle ore 0,19 veniva giustiziato sulla sedia elettrica Nicola Sacco. Alle 0,26 toccava a Bartolomeo Vanzetti subire lo stesso destino. Ma la storia di Sacco e Vanzetti, i due emigrati italiani accusati negli Stati Uniti di aver preso parte ad una rapina uccidendo un cassiere e una guardia nonostante le prove evidenti della loro innocenza, non si chiudeva con la loro esecuzione.
Una storia di ordinaria ingiustizia, che divenne qualcosa di più grande e simbolico. Come lo stesso Bartolomeo Vanzetti comprese, quando rivolgendosi alla giuria che lo condannò alla pena di morte, disse: «Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Il destino dei due anarchici italiani, capri espiatori di un'ondata repressiva lanciata dal presidente Woodrow Wilson contro la «sovversione», non solo smosse le coscienze degli uomini dell'epoca, ma come un fantasma continuò ad agitare l'America per decenni. Finché nel 1977, cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
Nicola Sacco (Torremaggiore, Foggia, 22 aprile1891 - Charlestown, 23 agosto1927) e Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 11 giugno1888- Charlestown, 23 agosto1927) .
Sacco, di origine pugliese, di professione faceva il ciabattino mentre Vanzetti - che gli amici chiamavano Tumlin, ed era originario di Villafalletto, Cuneo - gestiva una rivendita di pesci.
Nicola Sacco nasce Torremaggiore (Foggia) il 22 aprile1891 in una numerosissima famiglia, padre, madre e 17 figli. Vissuto nella miseria, a quattordici anni lascia la scuola per iniziare a lavorare nei campi. Emigrato a 17 anni(12 aprile 1909) negli USA, lavora inizialmente come manovale e operaio di fonderia, prima di riuscire a farsi assumere in un calzaturificio come operaio specializzato. Sposatosi nel 1912 con Rosina Zambelli, figlia di un immigrato piemontese, ha due figli: Dante e Ines. Scoppiata la guerra mondiale si rifugia in Messico per sfuggire all'arruolamento obbligatorio, ma una volta ritornato negli USA inizia la militanza negli ambienti anarco-sindacalisti, organizzando e partecipando a molti scioperi che gli costano la schedatura come agitatore e anarchico.
Bartolomeo Vanzetti nasce in Piemonte (Villafalletto) l'11 giugno1888. All'età di 13 anni inizia a lavorare come apprendista in una pasticceria, in seguito, divenuto orfano, decide di emigrare verso gli USA: è il 9 giugno1908.[1]. Svolge moltissimi lavori in diverse città: bracciante, lavapiatti, manovale, operaio, ecc. Quando è riuscito a racimolare un pò di soldi acquista un carretto da pescivendolo, mestiere con cui si guadagna da vivere a Plymouth. Anarchico convinto, è sicuramente più preparato culturalmente del suo amico Sacco. Conosciuto per la sua abilità oratoria, quando viene arrestato stava raccogliendo materiale controinformativo sulla morte dell'anarchico Andrea
Il 5 maggio 1920 Nick e Bart, come li chiamavano in America, vengono arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi. Tre giorni, i due vengono accusati anche di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto, in cui erano stati uccisi a colpi di pistola due uomini, il cassiere della ditta - il calzaturificio «Slater and Morrill» - e una guardia giurata.
Dopo tre processi, i due italiani vengono condannati a morte nel 1921 nonostante contro di loro non ci sia nessuna prova certa, ma addirittura la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros che ammette di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti. E a nulla valsero neppure la mobilitazione della stampa, la creazione di comitati per la liberazione degli innocenti e gli appelli più volte lanciati dall'Italia.
Assassini per l'America, martiri per l'Europa, Sacco e Vanzetti sono stati celebrati da cantanti e registi. Nel 1946-47 (ma uscì nel '64), Woody Guthrie, il più famoso folksinger americano, pubblicò «Ballads of Sacco e Vanzetti», un lp in cui celebrava il ricordo dei due italiani, simbolo dell'ingiustizia. Anche il cinema ha ricordato la loro storia con un film italo-francese di Giuliano Montaldo del 1971. Due indimenticabili Gian Maria Volontè e Riccardo Cucciolla vestono i panni dei loro corregionali Vanzetti e Sacco, protagonisti di una pellicola divenuta presto un cult grazie anche alla colonna sonora musicata da Ennio Morricone e interpretata da Joan Baez, autrice dei testi. «Voi restate nella nostra memoria con la vostra agonia che diventa vittoria»: sono le parole di «Here's to you» che, insieme alla «Ballata per Sacco e Vanzetti», è entrata nel repertorio internazionale della canzone d'autore sollevando le coscienze negli Usa su un caso da molti dimenticato.
GLI ANARCHICI DI CASA ANARCHICA RICORDANO I COMPAGNI ASSASSINATI DALLA INGIUSTIZIA LEGALIZZATA. UN RICORDO CHE DURERA' PER SEMPRE. CIAO COMAGNI!
STORIA. Il 17 novembre 1878 a Napoli l'aggressione a Umberto I di Savoia
Un film su Giovanni Passannante, l'attentatore del Re. Dietro l'osso occipitale aveva una fossetta: è l'indizio, si disse, che è anarchico IN TESTA
Ci sono storie che si vorrebbero dimenticare, soprattutto nella ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Dalla sempre irrisolta questione meridionale, al rapporto problematico con la Chiesa, dalla condotta morale di Mussolini, che condannò a morte persino un figlio, a una guerra civile mai ammessa, quella che vide coinvolti gli italiani tra il 1943 e il 1945, e alle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese.
Tra tante, una vicenda, sicuramente minore, infanga la Storia maggiore del nostro Bel Paese: quella, non affascinante, di Giovanni Passannante. Un nome che ai più non dice niente ma che invece segna in profondità il cammino italiano, tra politica, civiltà e cultura. Da anni uno spettacolo - L'innaffiatore del cervello di Passannante - circola per l'Italia raccontandone la trama. «Recito la storia vera di Giovanni Passannante, ricavata da atti conservati all'Archivio di Stato di Napoli e dagli articoli giornalistici di Anna Maria Mozzoni», spiega l'autore, attore, regista Ulderico Pesce, che ha preso come impegno di vita il ricordo di quest'uomo dal tragico destino. «Da anni racconto la storia terribile dell'anarchico lucano che il 17 novembre 1878 attentò alla vita di Umberto I di Savoia con un coltellino che aveva una lama lunga quattro dita non adatta ad uccidere un uomo».
«Passannante per me è un eroe. Era un uomo che lottava per gli altri, per ottenere giustizia ed equità», dice Pesce. «È importante raccontare la sua storia soprattutto oggi, in un'Italia dove a parlare sono tronisti senza talento e senza merito, dove tutto è corruzione e intrallazzo». Il protagonista dello spettacolo è un carabiniere incaricato di tenere sotto controllo la conservazione del cervello e del cranio dell'anarchico, ultima offesa al suo destino.
Una vita oggi raccontata anche da un film - Passanante - diretto da Sergio Colabona, uno dei registi che si sono fatti le ossa in televisione (lui con tre edizioni de Il Grande fratello). La pellicola era stata presentato al Festival del cinema di Bari. Il film è scritto dallo stesso Pesce e da Andrea Satta, frontman dei Têtes de Bois, gli stessi che con il giornalista Alessandro De Feo de L'Espresso, avevano portato avanti dalla fine anni '90, la battaglia, poi vinta nel 2007, per togliere dal museo criminologico di Roma il cervello e il cranio di Passannante, che erano esposti lì, ottenendo la sepoltura nella sua terra. Quel paesino meridionale di Salvia di Lucania, subito chiamato, dopo l'attentato, Savoia di Lucania.
«Passannante per noi è Carlo Giuliani, è Guantanamo, rappresenta chi sta in carcere ingiustamente», spiega Andrea Satta. «È stato torturato e sepolto vivo dai Savoia, capaci di atti come le leggi razziali, il cui nipote oggi balla in tv e va a cantare sul palco di Sanremo. Uscire d'estate certo non permette di avere un grande pubblico ma sarebbe importante che questo film arrivasse nelle scuole».
Passannante cercò di aggredire Umberto I, divenuto sovrano il 9 gennaio dello stesso anno, al grido di «Viva Orsini, viva la repubblica universale!» ma a differenza di Felice Orsini la punizione non fu la morte. La sua condanna venne, con Regio decreto del 29 marzo 1879, commutata in ergastolo, da scontare a Portoferraio, sull'isola d'Elba, in una cella angusta e solitaria posta sotto il livello del mare dove impazzì. Fu trasferito in manicomio dove passò il resto della sua vita e morì a Montelupo Fiorentino il 14 febbraio 1910, cinque giorni prima di compiere 61 anni.
Una testimonianza è stata raccolta in un articolo del 1891 di Salvatore Merlino, riportato da Errico Malatesta sulla rivista Al caffè nel 1922: «Giovanni Passannante è rimasto seppellito vivo, nella più completa oscurità, in una fetida cella situata al di sotto del livello dell'acqua, e lì, sotto l'azione combinata dell'umidità e delle tenebre, il suo corpo perdette tutti i peli, si scolorì e gonfiò.... Il guardiano che lo vigilava a vista aveva avuto l'ordine categorico di non rispondere mai alle sue domande, fossero state anche le più indispensabili e pressanti. L'onorevole socialista Agostino Bertani, accompagnato dalla giornalista Anna Maria Mozzoni poté scorgere quest'uomo, esile, ridotto pelle e ossa, gonfio, scolorito come la creta, costretto immobile sopra un lurido giaciglio, che emetteva rantoli e sollevava con le mani una grossa catena di 18 chili che non poteva più oltre sopportare a causa della debolezza estrema dei suoi reni. Il disgraziato emetteva di tanto in tanto un grido lacerante che i marinai dell'isola udivano, e rimanevano inorriditi».
Il suo gesto aveva portato alla ribellione i gruppi anarchici italiani, molti dei quali furono arrestati. La sua azione era stata condannata da Giosuè Carducci e esaltata da Giovanni Pascoli nell'Inno a Passannante, per cui fu arrestato e che poi scomparve. Ne restano solo i versi finali: «Con la berretta del cuoco faremo una bandiera».
Dopo il rapporto Bertani, con una certificazione di follia Passannante fu trasferito al manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove morì. Ma la sua storia non finì, nell'Italia serva delle teorie di Cesare Ombroso: il corpo fu decapitato dopo un'autopsia che doveva verificare i tratti del suo essere criminale. Fu fatta una scoperta: il cranio aveva una fossetta dietro l'osso occipitale e si pensò che proprio quella fossetta fosse il segnale della tendenza all'anarchia di un soggetto.
Si legge che «in seguito si iniziò ad aprire la testa di tutti gli anarchici che decedevano ed in alcuni la fossetta si trovava in altri mancava».
Cervello e cranio furono conservati al Museo Criminologico dell'Amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia di Roma fino al 2007 e poi, dopo forti discussioni, non ancora sopite, portati al paese natale e qui seppelliti. Il film riapre il dibattito su un uomo condannato in vita e in morte per un'idea e un regicidio mai attuato.
la federazione anarchica sudsalento organizza una
tre giorni di discussione. 26-27-28 Agosto 2011. Acquarica del capo localita "paiarone"
Questo vuole essere solo l’inizio di una discussione itinerante. Una serie di incontri dovrebbe essere il modo di approfondire queste tematiche che sono già in tanti ad avvertirle; un’officina che permetta la realizzazione del nostro pensiero e la messa in azione delle nostre forze.
Ogni giorno di più si avverte la necessità di proporre un’ alternativa alla concezione e gestione attuale della società, la peculiarità del momento storico è che questa necessità si avverte anche al di fuori del movimento anarchico; una sempre maggiore fetta di umanità esige un modo differente di condurre la propria vita. Le brutture e le sconcezze alle quali la società attuale ci obbliga sono state studiate in lungo e in largo, ciò che necessita di CONCRETIZZAZIONE è lo sviluppo del nostro pensiero di relazione tra l’uomo e ciò che lo circonda.
E’anche alquanto tragicomico notare come ciò che Malatesta scrisse un centinaio di anni fa sia tremendamente attuale e come le tematiche da superare siano le stesse; la confusione sul termine anarchia, l’organizzazione all’interno del movimento, la propaganda e la pratica rivoluzionaria, l’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico.
La confusione dei termini
Nell’ultimo mezzo secolo, il nostro lassismo nell’intraprendere strade reali e non onanistiche che conducano all’anarchia ha contribuito a creare confusione nel termine anarchia tanto che ne è sopravvissuto solo il significato etimologico di assenza di regole, di ribellione all’ordine costituito. Tutto il bagaglio creativo intrinseco all’interno dell’esperienza anarchica, tutta la sua storicità, tutto il suo valore politico e sociale è rimasto negli scaffali di archivi e delle librerie, nella memoria di pochi militanti, in esperienze estremamente circoscritte di vita comunarda.
La propaganda e la pratica rivoluzionaria
Malatesta ha affrontato la questione della propaganda al meglio, quindi il suo scritto esprime in concetto di pratica e propaganda.
Tratto da “rivoluzione e lotta quotidiana”;
… Dunque per noi anarchici, o almeno (giacché infine le parole sono convenzionali) per coloro fra gli anarchici che la pensano come noi, ogni atto di propaganda o di realizzazione con la parola o coi fatti, individuale o collettivo, è buono quando serve ad avvicinare e facilitare la rivoluzione, quando assicura ad essa il concorso cosciente delle masse e le dà quel carattere di liberazione universale, senza di cui potrebbe bensì aversi una rivoluzione, ma non quella rivoluzione che noi desideriamo …
.
… Noi dobbiamo mescolarci più ch’è possibile alla vita popolare: incoraggiare e spingere tutti i movimenti che contengono un germe di rivolta materiale o morale e abituano il popolo a fare i suoi interessi da sè e a non fidare che nelle proprie forze; ma senza perdere mai di vista che la rivoluzione per l’espropriazione e la messa in comune della proprietà e la demolizione del potere sono la sola salute del proletariato e dell’umanità e che per conseguenza ogni cosa è buona o cattiva a seconda che essa avvicini o allontani, faciliti o renda più difficile tale rivoluzione …
l’organizzazione all’interno del movimento
...
Confessiamolo subito: gli anarchici non si sono mostrati all’altezza della situazione.
Se si toglie il moto di Carrara che ha dato prova sì del loro coraggio e della loro devozione alla causa, ma anche dell’insufficienza della loro organizzazione, appena si sarebbe parlato degli anarchici in tanto commuoversi di popolo in Sicilia ed in altre parti d’Italia.
Dopo aver tanto gridato di rivoluzione, la rivoluzione arriva, e noi siamo stati disorientati e siam restati presso che inerti …
Può essere doloroso il confessarlo, ma il tacerlo e nasconderlo sarebbe tradire la causa, e continuare negli errori che ci han condotti a questo punto.
È tempo di ravvederci!
La causa principale, secondo noi, di questa nostra decadenza è l’isolamento in cui quasi dappertutto siamo caduti.
Per un complesso di cause, che ora sarebbe troppo lungo esaminare, gli anarchici, dopo la dissoluzione dell’Internazionale, perdettero il contatto delle masse e si andavano man mano riducendo in piccoli gruppi, occupati solo a discutere eternamente e, purtroppo a dilaniarsi tra loro, o tutt’al più a fare un po’ di guerra ai socialisti legalitari.
Contro questo stato di cose si è tentato più volte di reagire con più o meno successo. Ma quando si credeva di poter infine ricominciare un lavoro serio ed a larga base, ecco che venner fuori alcuni compagni i quali, per una malintesa intransigenza, elevarono l’isolamento a principio, e secondati dall’indolenza e dalla timidezza di tanti, che trovavano in quella “teoria” una comoda scusa per non far nulla e non correre nessun rischio, riuscirono a ricacciarci nell’impotenza.
L’avvio di pratiche autogestonarie per la realizzazione QUI ED ORA del nostro vivere anarchico
La presenza nelle lotte, come abbiamo visto sopra, ci consente di spingerla e radicalizzarle verso le posizioni più vicine al pensiero anarchico. Tuttavia questo non è sufficiente per diversi motivi.
E’ già accaduto che dopo aver tanto parlato di anarchia non si è stati in grado di cogliere il momento della sua attuazione per la disorganizzazione del movimento, ed oggi con l’estrema frantumazione del medesimo, cogliere l’attimo sarebbe impensabile. (Riflettendoci sopra ci si accorge che il luogo dove ciò potrebbe accadere non potrebbe essere altro se non dove una realtà anarchica sia già radicata) Altra motivazione è la consapevolezza che con i moderni mezzi di lotta armata risulta assai difficoltoso immaginare uno stato rivoluzionario che non comporti enormi perdite di vite umane con conseguente abbruttimento delle relazioni tra uomo e ambiente. Inoltre, perché aspettare; o meglio, cosa aspettare. Come si può meglio rivendicare una maniera di vivere se non attuandola; affermare il nostro diritto di stabilire relazioni differenti (da quelle del profitto) con l’ambiente che ci circonda uomini compresi.
La Politica istituzionale va in ferie, LA RESISTENZA NO!
Per salvare Confindustria, Istituti Bancari e di Credito, le solite Elite di potere Economico e il sistema Capitalistico morente ridurranno gli italiani alla fame, gli operai sempre più precari, disoccupati e robot al servizio del padrone, infine distruggendo lo Stato Sociale conquistato con le lotte operaie.
Chiamamo a raccolta per il primo momento di protesta, il 15 agost...o, tutti le cittadine e cittadini, i partiti antagonisti a questa politica ed al sistema capitalistico di privatizzazioni della cosa pubblica, liberticida, corruttore e corrotto.
E' il primo momento di una serie di maniestazioni popolari che porterà un fine estate ed un autunno di proteste civili, alle quali, pur nella loro diversità di visione politica e socetaria, anche gli anarchici aderiscono.
Non ci stiamo, i pilastri della lotta antifascista NON SI TOCCANO. Dimostriamo, anche se il periodo non è dei più felici, che il potere non è più forte della volontà popolare. TUTTI IN SIT-IN IL 15 AGOSTO ORE 10 SOTTO LA PREFETTUARA DI PARMA PER DIRE NO ALL'OMICIDIO DELLO STATO SOCIALE,ALLA SOPRESSIONE DELLA FESTA DELLA LOTTA ANTIFASCISTA, DEL LAVORO.
Fra il molto fumo sparso ieri Tremonti ha lasciato intravedere una misura di “risparmio”. Lo spostamento alla domenica di tre festività, ovviamente laiche, che possono cadere in giorni lavorativi: il due giugno 25 aprile festa della Liberazione dal nazifascismo e 1° Maggio festa del lavoro.
All’algido superministro nessuna delle tre deve scaldare il cuore. Tantomeno a Berlusconi che, anzi, ne farebbe a meno da tempo. Bossi? Non si sa, è molto ondivago. A nostro sommesso avviso, se una delle tre si deve proprio accorpare ad una domenica, potrebbe essere il 2 giugno. Non perché la nascita della Repubblica sia poco importante, ma perché ci sembra che per l’identità, già tanto scossa, dell’Italia e degli Italiani, le altre due abbiano un più incisivo valore simbolico.
Checché ne pensino i detrattori vecchi e nuovi dell’antifascismo (le loro schiere servizievoli si sono ingrossate, con questo centrodestra ottuso come un muro), né la Repubblica né la sua bella Costituzione ci sarebbero senza la Liberazione nazionale dalla dittatura, senza quelle brigate partigiane che entrano in Milano – le prime dall’Oltrepò pavese guidate da Italo Pietra (Edoardo) futuro maestro di giornalismo, al Messaggero – snidando gli ultimi cecchini nazifascisti, senza quegli uomini mai retorici che impersonavano il «vento del Nord» (altro che Lega).
Da Parri a Longo, a Mattei, a Pertini, a Riccardo Lombardi. Non c’è domenica che tenga. Il 25 aprile deve rimanere festa nazionale, ovunque cada. Nel riscatto, morale anzitutto, della Nazione italiana dall’abisso della dittatura, delle leggi liberticide e razziali, della guerra fascista hanno ruolo sia i repubblicani che i monarchici (non i Savoia, per loro colpa specifica, per difetto di coraggio). Hanno ruolo i partigiani delle “Garibaldi”, di GL, delle “Matteotti”, ma anche quelli “bianchi” delle brigate cattoliche e, in Piemonte, i “fazzoletti azzurri” monarchici. Hanno ruolo i numerosi militari italiani che risalirono la penisola combattendo duramente al fianco degli Alleati e, in nome di una Patria da loro mai considerata “morta”, i 32 mila ufficiali e i 600 mila soldati che rimasero nei lager dicendo “no” ad ogni adesione alla Repubblica mussoliniana di Salò.
Le loro schede sono in archivio a Berlino e ancora stupiscono i tedeschi. E come rinunciare al 1° Maggio, festa mondiale che negli Usa, dove nacque, viene celebrata ogni primo lunedì di settembre? «8 ore di lavoro, 8 di svago, 8 di sonno» fu la rivendicazione in Australia nel lontano 1855 e pioniere fra i minatori auriferi doveva essere uno dei Mille, Raffaello Carboni, giornalista e musicista. Le 8 ore vennero votate nell’Illinois nel 1866, senza esito pratico. L’anno dopo Chicago fu invasa dai manifestanti. Non bastò. Nel 1884 la polizia sparò sugli operai seminando la morte: 8 anarchici, accusati senza prove della rivolta, finirono sulla forca o all’ergastolo. E fu la scintilla. Anche in Italia si doveva scioperare per conquistare quella festa.
La spallata decisiva di massa venne dallo sciopero del 1890. Chi non poté scioperare, per protesta, si presentò in fabbrica vestito dalla festa. Successe a Voghera dove un giornalista socialista, Ernesto Majocchi, diede versi di lotta all’incalzante coro dell’”Ernani” verdiano. L’anarchico Pietro Gori aveva già trasformato il «Va’ pensiero sull’ali dorate» in «Vieni o maggio, t’aspettan le genti». Dal 1891 fu festa di tutti. Fissata da Pellizza da Volpedo nella tela del Quarto Stato in marcia. Subito abolita, nel 1925, da Benito Mussolini, essa rimase nel cuore di quanti, sfidando il regime, riuscivano sempre ad esporre, anche a Predappio patria del duce, un drappo rosso. Tornò dopo il 25 aprile ’45. Perché dovremmo farla traslocare in una qualsiasi domenica?
Fabio, ti ho visto sotto i Portici del Grano per chiedere le dimissioni di Vignali. Dopo le dimissioni ci sono le elezioni. Ma tu sei anarchico, a favore del non voto... Fammi capire....
Andare sotto i portici a protestare è un atto individuale, dovuto unicamente al senso di giustizia e rispetto per le tante persone oneste della nostra città. Tra tante persone che io ho visto manifestare, quelle che più hanno impresso in me un ricordo indelebile sono state tre donne anziane con il libretto della pensione in mano. In quel gesto ha preso forza la mia protesta: la vera “mucca” da mungere sono i cittadini, i lavoratori dipendenti, i precari, tutti succubi loro malgrado, rispetto ad un sistema di potere al quale non importa dei problemi o difficoltà della collettività, ma solo al riempirsi le tasche ed al proprio interesse.
Sì, Vignali deve dimettersi perché, visto la carica che detiene, è responsabile in questo momento di quello che è accaduto.
Da anarchico quale sono non chiedo la galera, perché non credo nell’ordine costituito (da chi?), ma che se ne vada a casa a far altro.
Detto questo, sotto i portici noi anarchici denunciamo il sistema istituzionale, non la destra o la sinistra, tutta la politica di potere, compresi i sindacati confederali storici, che tradiscono quotidianamente le persone, i lavoratori, lo spirito della resistenza partigiana, slancio libertario cui anche noi anarchici abbiamo partecipato. Hanno reso, in realtà, tutta l’Italia, ma non solo, terra di corruzione, di speculazione selvaggia a favore dell’interesse privato. Non dico queste cose come slogan auto celebrativo: basta leggere i giornali dell’ultima settimana per vedere che il marcio non ha colore, connotazione filosofica, etichetta politica.
Su quali presupposti ideali si basa la tua campagna per il "non voto"?
Sulla base del fatto che, ad oggi, al politico non importa della difficoltà del singolo cittadino ma dell’interesse dell’industriale, di ciò che i sistemi bancario, assicurativo e istituto finanziario dicono alla politica di fare. La pagliacciata di destra, sinistra, centro destra, centro sinistra è assolutamente una menzogna per mascherare la realtà.
Gli industriali ed il sistema occulto del Dio denaro hanno fatto vincere Vignali, come hanno sostenuto Ubaldi prima e Bernazzoli in Provincia per due volte. Al vero potere non importa nulla della politica, se non in termini di guadagno.
Comunque, in linea generale, noi anarchici siamo contrari alle elezioni. In una società anarchica le elezioni non possono esistere perché non può esservi il concetto di rappresentatività. Non ammettiamo una delega che non sia revocabile in qualsiasi momento o che dia un mandato decisionale a chiunque. Anche i referendum si scontrano con l'anarchismo: non ammettiamo un governo della maggioranza, perché le decisioni devono essere condivise da tutti.
Operativamente, a quale "modello di governo" ambite? Prova a descrivere "una società anarchica".
A nessuno modello di governo, se non quello della collettività.
Lo Stato, struttura centralizzata di oppressione e coercizione, così come ogni altra gerarchia e forma di autorità, è inutile e anche dannosa. L’abolizione di tutti i rapporti sociali autoritari e la creazione di una società libera… l'anarchia, fondata sull'assenza di gerarchie, sull'associazione alle organizzazioni popolari, sull'auto-organizzazione dal basso del popolo (e quindi l'autogoverno decentralizzato) e sull'autogestione delle risorse e dell'economia (socialismo e anarco-sindacalismo).
L'idea di Anarchia prevede, a livello sociale, che individui e collettività scelgano per relazionarsi fra loro un insieme di rapporti non-gerarchici e non-autoritari è, di fatto, la ricerca e sperimentazione di una organizzazione sociale orizzontale.
Una società anarchica è una società che vuole basarsi sul libero accordo, sulla solidarietà, sulle libere associazioni, sulle unioni, sul rispetto per la singola individualità che non volesse farne parte, secondo il principio che le decisioni valgono solo per chi le accetta.
In una società anarchica si rifiutano quindi leggi, comandi, imposizioni, principi fondati sul volere della maggioranza, rappresentanze, discriminazioni, guerre come metodo per risolvere contrasti, realizzando la gestione ed il superamento dei conflitti attraverso chiarimenti ed accordi tra i diretti interessati.
L’anarchia è assenza di regole?
Nessuna teoria anarchica ha mai teorizzato l'assenza di regole e di interazioni sociali, in quanto l'anarchismo non lascia nulla al caso-caos ma propone un nuovo modo di concepire la società costruito intorno a norme e principi etici egualitari, condivisi e non imposti dall'alto.
Abolizione dello Stato, sostituito dalle organizzazioni e dalle associazioni popolari; anche il potere economico è consegnato nelle mani del popolo che controlla i mezzi di produzione (quasi tutte le correnti anarchiche, infatti, si dicono socialiste).
I problemi sociali come il crimine, l'ignoranza e l'apatia delle masse sono un prodotto della stessa società autoritaria perché mantenere gli individui perennemente sotto un'autorità superiore fa sì che questi non siano più capaci di comportarsi autonomamente, senza un capo che gli comandi cosa fare; inoltre qualsiasi capo cercherà sempre di mantenere il proprio potere, e quindi cercherà il più possibile di rendere i sottoposti non autonomi, e di creare bisogni negli stessi sottoposti (come la necessità di protezione dal crimine); secondo la prospettiva libertaria quindi lo Stato non ha alcun reale interesse a risolvere i problemi sociali perché altrimenti verrebbe meno il bisogno del potere. Mentre il liberalismo, ideologia alla base del pensiero democratico, propone la difesa del diritto individuale di parola, religione ecc, l'anarchismo sprona l'individuo anche a liberarsi di quelle particolari forme sociali che impediscono l'espressione libera della personalità dell'individuo, per esempio i rapporti sociali capitalistici e la religione...
Per voi Vignali deve andare a casa. Il centrosinistra di Parma in cosa è migliore di lui?
Penso di aver già abbondantemente risposto a questa domanda; comunque Vignali deve andare a casa, per coerenza e dignità. Che cos’è il centro sinistra?
Quale futuro vedi per la sinistra comunista e antagonista di Rifondazione Comunista e dei movimenti, a Parma in particolare?
Non vedo nessun futuro per il movimento comunista, se prima non decide di far pace con se stesso e compia quel passo fondamentale di divenire un’unica anima.
Ma anche se raggiungesse quell’obiettivo, non sarebbe sufficiente. Solo con l’atto coraggioso di rivoluzionare l’essenza politica adeguandola al presente e ringiovanire i suoi quadri dirigenti potrebbe essere credibile agli occhi della gente, riconquistando il mondo operaio, e proponendosi come vera alternativa a questo sistema corrotto e corruttore, con programmi non facendo la lotta all’individuo e il carretto al PD.
Da anarchico, però, non posso non citare Errico Malatesta: “Ottenere il comunismo prima dell'anarchia, cioè, prima di avere completamente conquistato la libertà politica ed economica, significherebbe stabilire una tirannia cosi terribile, che la gente rimpiangerebbe il regime borghese, per poi tornare al sistema capitalista”.
Quale sarà il ruolo e l'attività degli anarchici durante la campagna elettorale delle comunali di Parma dell'anno prossimo?
Di assoluta opposizione al voto, perché saremo complici di questo sistema che non piace nè a noi nè alla gente. Vogliamo essere l’alternativa in un mondo in evoluzione.
Voglio risponderti come ho risposto al tuo articolo “ Vignali vivere o morire, fai la tua scelta”. Qualsiasi sia il verdetto finale nulla cambierà, a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni, i veri burattinai, i poteri forti, faranno i loro sporchi interessi lo stesso.
In questi giorni si sono lette dichiarazione di politi, sporchi politici, nelle quali si sono evidenziati gli scenari politici possibili, esortazioni ad andare avanti e ripresentarsi ad un sindaco, pessimo come chi lo sostiene, che ha fatto, insieme alla precedente giunta Ubaldi, di Parma una Babilonia imprenditoriale e, in accordo ai falsi antagonisti della Provincia, hanno fatto del parmense un territorio di conquista speculativa.
In tutto questo marasma i veri problemi vengono seppelliti insieme al marcio provocato in tutti questi anni da una politica, quella istituzionale, fatta da burattini in giacca e cravatta. Non si parla dei fallimenti di ParmaInfanzia, Ad-Personam, di eco mostri, di Eternit nella Parma, immobili venduti per quadrare i conti, di appalti al ribasso a cooperative che forniscono basso livello professionale, come nelle strutture ex IRAIA, di precariato e di tutte quelle situazione che sono state create per far posto a progetti faraonici, fatti passare per strategici ma in realtà spinti dagli industriali, banche, assicurazioni ed istituti di credito. Parma non è il festival di Verdi, ma del chi mangia di più, di caro vita insostenibile, di affitti stellari, di non aiuto alle famiglie, anziani, bambini e lavoratori. Nessuno parla di riduzione delle tasse comunali e provinciali, come nessuno parla di tagli ai costi della politica comunali e provinciali, in generale nessun sostegno sociale, la vera mucca da spremere è il popolo, non l'industriale o il banchiere.
Siamo già entrati in campagna elettorale?
Sì, assistiamo sempre più a dichiarazioni del "quanto sono bello io e brutto te". Pensare di poter cancellare i problemi facilmente con elezioni, come passare la gomma su di un segno di matita, è ignobile tanto quanto i reati commessi dagli undici arrestati il 24 giugno scorso.
Se questo non bastasse, il 4 agosto scorso, i sindacati confederali CGIL-CSL-UIL hanno presentato un accordo che dà forza alla destra, con liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge, speculazione finanziaria per salvare titoli di Stato, sostegno al capitalismo ed al fenomeno del caporalato.
L'unica possibilità che abbiamo, l'alternativa a tutto questo schifo, è la protesta, esercitare il diritto al non voto. Noi non ci stiamo e non deleghiamo nessuno al nostro posto, questo possiamo fare e lo faremo dando un senso ideologico e pratico immediato: tu non mi rappresenti.
Da qualsiasi parte la si guardi la politica istituzionale è un falso ideologico, chi vincerà sempre è il potere occulto delle solite poche persone note...
Vignali vivrà o morirà? Qualsiasi sia il verdetto finale nulla cambierà, poichè a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni, i veri burattinai, i poteri forti, faranno i loro sporchi interessi lo stesso. In questi giorni si sono lette dichiarazione di politi, sporchi politici, nelle quali si sono evidenziati gli scenari politici possibili, esortazioni ad andare avanti e ricandidarsi ad un sindaco, pessimo come chi lo sostiene, che ha fatto, insieme alla precedente giunta Ubaldi, di Parma una Babilonia imprenditoriale e, in accordo ai falsi antagonisti della Provincia, han fatto del parmense un territorio di conquista speculativa. In tutto questo marasma i veri problemi vengono seppelliti insieme al marcio provocato in tutti questi anni da una politica, quella istituzionale, fatta da burattini in giacca e cravatta. Ecco perchè non si parla dei fallimenti di Parma Infanzia, AD-Personam, degli ecomostri, di Eternit nella Parma, immobili venduti per quadrare i conti, di appalti al ribasso a cooperative che forniscono basso livello professionale, come nelle strutture ex IRAIA, di precariato e di tutte quelle situazione che sono state create per far posto a progetti faraonici, fatti passare per strategici, ma in realtà spinti dagli industriali, banche, assicuazioni ed istituti di credito. Parma non è il festival di Verdi, ma del chi mangia di più, di caro vita insostenibile, di affitti stellari, di non aiuto alle famiglie, anziani, bambini e lavoratori. Nessuno parla di riduzione delle tasse comunali e pronciali, come nessuno parla di tagli ai costi della politica comunali e provinciali, in generale nessun sostegno sociale, perchè la vera mucca da spremere è il popolo, non l'industriale o il banchiere. Evidentemente siamo già entrati in campagna elettorale, assistiamo sempre più a dichiarazioni del "quanto sono bello io e brutto te". Pensare di poter cancellare i problemi con elezioni facilmente, come passare la gomma su di un segno di matita, è ignobile tanto quanto i reati commessi dagli undici arrestati il 24 giugno scorso. Se questo non bastasse, il 4 agosto scorso, i sindacati confederali CGIL-CSL-UIL hanno presentato un'accordo che da forza alla destra, con liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge, speculazione finanziaria per salvare titoli di stato, sostegno al capitalismo ed al fenomeno del caporalato. L'unica possibilità che abbiamo, l'alternativa a tutto questo schifo, è la protesta, esercitare il diritto al non voto. Noi non ci stiamo e non delghiamo nessumo al nostro posto, questo possiamo fare e lo faremo dando un senso ideologico e pratico immediato: tu non mi rappresenti. In conclusio, caro Direttore, se Vignali muore o sopravvive, alla fine dei conti, non è vitale. Da qualsiasi parte la si guardi la politica istituzionale è un falso ideologico, chi vincerà sempre è il potere occulto delle solite poche persone note.