Biografia
Nato il 14 dicembre 1853 a S.Maria Capua Vetere da una famiglia di ricchi proprietari terrieri. Il padre Federico, napoletano originario del Cerriglio, aveva lì una fiorente fabbrica per la concia del cuoio. La madre Lazzarina Rastoin era figlia di un ricco commerciante di pelli di origine marsigliese. Errico Malatesta compì gli studi in un collegio di padri scolopi, quindi si iscrisse all'Università di Napoli, dove studiò medicina per tre anni senza laurearsi.
In giovanissima età abbracciò gli ideali repubblicani di Giuseppe Mazzini. Il 25 marzo 1868 venne convocato dalla questura di Napoli a causa di una lettera di carattere sovversivo scritta a Vittorio Emanuele II; il 19 marzo 1870, non ancora diciottenne, subì il primo di quella che sarebbe stata una lunga serie di arresti, a seguito di una sommossa organizzata da un circolo studentesco repubblicano dell'Università di Napoli.
Nel 1871, dopo la Comune di Parigi, abbandonò le idee repubblicane per abbracciare l'ideale anarchico; nello stesso anno si iscrisse alla federazione napoletana dell'Associazione internazionale dei lavoratori.
Nel 1872 si recò in Svizzera per partecipare al Congresso di Saint-Imier; in quell'occasione divenne amico di Michail Bakunin.
Dopo il congresso iniziò un periodo di intensa attività sovversiva: nel 1873 fu arrestato a Bologna; nel 1874 partecipò con un piccolo gruppo ad un fallito tentativo di insurrezione a Bologna; venne arrestato poco dopo a Pesaro. Il processo conseguente si risolse con l'assoluzione di tutti gli imputati, risultando in una notevole popolarità per gli insorti e per Malatesta in particolare.
Il 19 ottobre 1875 Malatesta si iscrisse alla massoneria nel tentativo di diffondere l'ideale socialista tra gli iscritti; il suo rapporto con la massoneria fu piuttosto tormentato, e si interruppe definitivamente il 18 marzo 1876, quando, indignato dalla decisione della sua "loggia" di organizzare un ricevimento d'onore per Giovanni Nicotera, eletto poco prima ministro dell'interno, decise di abbandonarla definitivamente.
Il 5 aprile 1877, formando insieme a Carlo Cafiero ed altri ventiquattro esponenti dell'anarchismo italiano la Banda del Matese, partì dalle pendici del Massiccio del Matese con l'obbiettivo di dare il via ad un'insurrezione. Dopo alcuni giorni di resistenza, visto l'imponente spiegamento di forze da parte del Regno d'Italia, gli insorti furono arrestati e processati.
Partenza dall'Italia
Nel 1878 iniziò per Malatesta un intenso periodo di peregrinazioni: dopo un breve periodo in Egitto, si recò in Siria ed in Romania prima di fermarsi a Ginevra, dove conobbe Élisée Reclus e Pëtr Kropotkin, del quale divenne grande amico e con cui pubblicò «Le Révolte»; si spostò successivamente in Belgio, quindi nel 1881 raggiunse Londra, dove organizzò insieme a Kropotkin il Congresso Internazionale Socialista Rivoluzionario.Nel 1882, venuto a conoscenza della rivolta di Arabi Pasha, tornò in Egitto nel tentativo di trasformare il moto nazionalista in rivolta sociale. Venne arrestato dai soldati inglesi l'anno successivo, quindi tornò in Italia clandestinamente, sbarcando a Livorno. Poco tempo dopo venne arrestato per cospirazione insieme all'amico Francesco Saverio Merlino ed altri rivoluzionari. Approfittando della libertà provvisoria si recò a Firenze, dove iniziò la pubblicazione de «La Questione sociale» (primo numero il 22 dicembre 1883) in cui trovò per la prima volta pubblicazione Fra contadini, uno dei suoi trattati più noti.
Nonostante avesse subito una condanna a tre anni di reclusione, nel 1884 si recò a Napoli per prestare soccorso alla popolazione colpita da un'epidemia di colera, quindi partì per l'America Latina per sfuggire alla cattura.
Esule in Argentina
Nel 1888 ricevette l'accusa - peraltro rilevatasi in seguito infondata - di falsificare monete; decise quindi di partire, e dopo un brevissimo soggiorno a Montevideo tornò in Europa nel 1889.
Ritorno in Europa
Si stabilì in un primo momento a Nizza, dove pubblicò il quotidiano clandestino «L'avvenire». La polizia francese si mise presto sulle sue tracce, costringendolo a rifugiarsi di nuovo a Londra.Tra il 1891 ed il 1892 tenne una serie di comizi in Spagna insieme all'amico Pedro Esteve, partecipando anche ad una rivolta popolare a Jerez de la Frontera. Ricercato dalla polizia, tornò ancora a Londra, dove nel 1896 assistette al Congresso Socialista Internazionale.
Nel 1897 viaggiò clandestinamente fino ad Ancona, dove contribuì alla fondazione de «L'agitazione». L'anno successivo, in occasione dello scoppio dei "Moti del pane" nella città, venne arrestato e condannato a sette mesi di reclusione. Non appena ebbe scontato la pena subì un'altra condanna a cinque anni di domicilio coatto da scontare ad Ustica e Lampedusa, dalla quale evase nel 1899 per recarsi in Tunisia. Nel 1900, dopo due brevi parentesi a New York e a Cuba, si stabilì a Londra, dove sarebbe rimasto per dodici anni con l'eccezione di un viaggio ad Amsterdam nel 1907 durante il quale partecipò al Congresso Anarchico Internazionale.
Il periodo di Londra
Durante il soggiorno nella capitale inglese, Malatesta si guadagnò da vivere come elettricista e meccanico; in questo periodo si registrò un certo indebolimento della sua attività sovversiva, a fronte di una continua attività propagandistica. Molto presto si guadagnò la stima dei lavoratori inglesi, che sollevarono imponenti manifestazioni di protesta nelle innumerevoli occasioni in cui Malatesta finì in guai giudiziari. In tal senso è emblematico l'episodio del 20 maggio 1912, quando la corte di Bow Street lo condannò a tre mesi di reclusione a seguito di una denuncia per diffamazione da parte della spia italiana Ennio Belelli. La condanna venne accompagnata da un decreto d'espulsione che dovette essere annullato in seguito alla manifestazione popolare del 12 giugno dello stesso anno.Lasciò l'Inghilterra nel 1913 per tornare in Italia, dove iniziò la pubblicazione del settimanale «Volontà». Nel 1914 partecipò alla settimana rossa; ricercato di nuovo dalla polizia, fu costretto all'ennesimo ritorno nella capitale inglese.
Alla vigilia della prima guerra mondiale si separò dolorosamente dall'amico Kropotkin, dopo un aspro dibattito riguardo l'atteggiamento che gli anarchici avrebbero dovuto tenere a proposito de "L'Intesa" e degli interventisti, nel quale Malatesta sostenne gli ideali dell'antimilitarismo e dell'internazionalismo. Questo atteggiamento fu riscontrabile ancora in maniere evidente nel 1916, attraverso la sua aspra risposta al "Manifesto dei Sedici" pubblicata in aprile su «Freedom». Ritorno in Italia
Nel 1919, dopo molti vani tentativi, Malatesta ottenne il passaporto dal console italiano a Londra, quindi si imbarcò per Taranto il 24 dicembre dello stesso anno. In Italia godette subito di un'enorme popolarità, di cui si avvantaggiò con un'intensa attività propagandistica e sovversiva che lo rese uno dei principali protagonisti del biennio rosso.
Nel 1920 diresse a Milano il quotidiano anarchico «Umanità Nova»; nello stesso anno fu arrestato e recluso nel carcere di San Vittore. Iniziò insieme ad altri detenuti (tra cui Armando Borghi e Corrado Quaglino) uno sciopero della fame che ne minò le condizioni fisiche riducendolo quasi in fin di vita; lo sciopero venne sospeso in seguito ad un attentato avvenuto il 23 marzo 1921 in un albergo situato vicino al teatro Diana da parte di alcuni anarchici della corrente individualista.
Il fascismo e la fine dell'attività sovversiva
Lo stesso anno Malatesta e gli altri imputati (tra cui Nella Giacomelli) vennero liberati; continuò la direzione di «Umanità Nova» fino al 1922, anno in cui i fascisti presero il potere e chiusero il giornale, che sarebbe stato riaperto nel 1945 sotto forma di settimanale. In quello stesso anno Malatesta, sfuggendo al controllo fascista, si recò clandestinamente in Svizzera per assistere al cinquantenario del Congresso di Saint-Imier, quindi si trasferì definitivamente a Roma con la compagna Elena Melli e sua figlia Gemma.Nei primi anni del governo fascista riuscì, seppur nella clandestinità, a proseguire la sua attività di propaganda; dal 1924 al 1926, nonostante il rigido controllo della censura, pubblicò il quindicinale clandestino «Pensiero e Volontà».
Negli anni successivi il regime fascista impose a Malatesta il continuo controllo a vista da parte di un gruppo di guardie, condannandolo in questo modo ad un sostanziale isolamento dal resto del mondo e dal movimento anarchico in particolare.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita quasi completamente chiuso in casa con la sua famiglia, subendo un progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute. Nel marzo del 1932 sopravvisse ad una grave broncopolmonite; morì il 22 luglio dello stesso anno, in seguito ad una grave crisi respiratoria.
Il pensiero
Errico Malatesta tenta una sintesi della concezione anarchica, senza però imprigionarla in un sistema. A questo scopo distingue l'anarchia dall'anarchismo.[1] La prima è il fine, ha un valore meta-storico ed universale: rappresenta il voler essere, e come tale non è deducibile da alcuna situazione storica. L'anarchismo è la traduzione di questo fine nella concretezza di una situazione storica. La divisione corrisponde a quella tra giudizi di valore e giudizi di fatto.I valori fondamentali dell'anarchia – libertà, uguaglianza, solidarietà – sono espressioni a-razionali di una aspirazione universale, e come tali non si legano a nessuna dottrina. Malatesta rifiuta tanto il giusnaturalismo quanto il positivismo. Il primo, perché considera l'idea di una società naturale come il risultato della pigrizia di chi sogna che le aspirazioni umane si realizzino spontaneamente, senza lotta; il secondo, perché l'esaltazione della scienza porta ad un nuovo dogmatismo, come accade in Pëtr Kropotkin.
La volontà è l'elemento decisivo per la trasformazione sociale. La società libertaria dipende unicamente dalla volontà degli uomini. La storia sfugge ad ogni filosofia e ad ogni tentativo di previsione. Per questo non è possibile sapere quando i tempi sono maturi per la rivoluzione, ed occorre approfittare di tutte le occasioni. La rivoluzione non è un fatto economico e sociale, ma un atto di volontà. La rivoluzione deve coinvolgere le masse, ma le masse non diventeranno anarchiche prima che la rivoluzione sia iniziata; gli anarchici devono allora accostarsi alle masse e prenderle come sono, senza progetti pedagogici inevitabilmente autoritari, e adattando piuttosto l'ideologia al loro sentire. L'azione rivoluzionaria ha due momenti: la distruzione violenta degli ostacoli alla libertà, e la diffusione graduale della pratica della libertà, priva di ogni coercizione.
La violenza di per sé è nemica della libertà. Essa è una triste necessità dell'anarchismo, ma solo nella fase negativa della distruzione delle forme oppressive. Malatesta è contrario ad ogni terrore rivoluzionario, che conduce necessariamente alla dittatura, così come respinge l'idea comunista della dittatura del proletariato e giudica molto severamente i risultati della rivoluzione bolscevica, che ha fermato l'esperimento dei soviet ed ha instaurato uno Stato autoritario.
Per Malatesta non è possibile compiere la rivoluzione perseguendo interessi economici, poiché l'interesse è sempre conservatore: solo l'ideale è rivoluzionario. Di qui la supremazia del politico – che persegue l'ideale universale – sull'economico, che persegue sempre fini riformisti e conservatori. Per questo anche i sindacati sono considerati riformisti, mai realmente rivoluzionari (anche per il loro carattere inevitabilmente corporativo).
L'organizzazione sociale preferibile è quella comunistica, ma deve trattarsi di un comunismo non imposto, ma liberamente scelto e voluto. Il comunismo di Malatesta non è tanto una concezione economica, quanto un principio di giustizia sociale, una tensione meta-economica. I problemi economici vanno affrontati in modo empirico, scegliendo di volta in volta l'organizzazione economica in grado di adeguare gli ideali politici anarchici.
Poiché l'anarchia è fondata sull'etica (e su un'etica della convinzione, in termini weberiani), essa non può accettare la democrazia come male minore. Di qui la sottovalutazione del fascismo da parte di Malatesta. Il sistema democratico ricorre all'autorità della maggioranza, quello anarchico alla intesa volontaria (benché in certi casi sia inevitabile ricorrere al voto). La volontà della maggioranza non può pretendere il possesso della verità assoluta, poiché tale verità non esiste. Il principio di libertà impedisce di riconoscere una sola verità: ognuno ha la propria verità, ed anche la propria anarchia. In società, tuttavia, la libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della solidarietà e dell'amore verso gli altri.
Scritti
1897
- Maggioranze e minoranze, in «L'Agitazione», 14 marzo
- Per la libertà, in «L'Agitazione», 2 luglio
1899
- Verso l'anarchia, in «La questione sociale», 9 dicembre
1913
1920
- I nostri propositi, in «Umanità Nova», 27 febbraio
- Ancora sulla repubblica, in «Umanità Nova», 21 maggio
- Tanto peggio, tanto meglio, in «Umanità Nova», 26 giugno
- Le due vie. Riforme o rivoluzione? Libertà o dittatura?, in «Umanità Nova», 12 agosto
- Riforme e rivoluzione, in «Umanità Nova», 10 settembre
- Maggioranze e minoranze, in «Umanità Nova», 11 settembre
- La rivoluzione in pratica, in «Umanità Nova», 7 ottobre
] 1921
- Michail Bakunin, in «Pensiero e Volontà», 1 luglio
1922
- La funzione dei sindacati nella rivoluzione, in «Umanità Nova», 13 aprile
- Ancora sulla libertà del lavoro, in «Umanità Nova», 16 aprile
- Repubblicanesimo sociale e anarchismo, in «Umanità Nova», 27 aprile
- La base morale dell'anarchismo, in «Umanità Nova», 16 settembre
- Ancora sulla rivoluzione in pratica, in «Umanità Nova», 14 ottobre
- Morale e violenza, in «Umanità Nova», 21 ottobre
- Discorrendo di rivoluzione, in «Umanità Nova», 25 novembre
1924
- Anarchismo e riforme, in «Pensiero e Volontà», 1 marzo
- Democrazia e anarchia, in «Pensiero e Volontà», 15 marzo
- Repubblica e rivoluzione, in «Pensiero e Volontà», 1 giugno
- Anarchia e violenza, in «Pensiero e Volontà», 1 settembre
- La fede e la scienza, in «Pensiero e Volontà», 15 settembre
- Il terrore rivoluzionario, in «Pensiero e Volontà», 1 ottobre
- Fra le nebbie della filosofia, in «Pensiero e Volontà», 1 novembre
1925
- Scienza e anarchia, in «Pensiero e Volontà», 1 luglio
- La base morale dell'anarchismo, in «Pensiero e Volontà», 1 luglio
- Ancora su scienza e anarchia (nota all'articolo di Hz.), in «Pensiero e Volontà», 1 settembre
- Gradualismo, in «Pensiero e Volontà», 1 ottobre
1929
- A proposito della «Plateforme», in «Il Risveglio Anarchico», 14 dicembre
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